Incontro Biden e Xi: sorrisi e nessuna promessa. Sconfitta Usa

I due Presidenti convengono che il loro incontro è stato “sincero, costruttivo, sostanziale e produttivo”.

Praticamente inutile e soprattutto per gli Usa che dovevano mettere in chiaro che la loro supremazia non si discute.

Già con queste affermazioni si tende a dimostrare un problema reale in un contesto complesso e pieno di tanti altri problemi che spaziano in primis dall’economia e finiscono nella difficoltà sociale di doversi rendere conto che, lo si voglia o no, la Cina è forse diventata la prima potenza mondiale. E per prima potenza non si deve necessariamente, come potrebbero pensare alcuni, andare a pesare l’arsenale militare, ma un set di obiettivi logistici che Xi Jinping ha indubbiamente conseguito e lo ha fatto anche in poco tempo.

Tutto insomma verte intorno al fatto che entrambe le formazioni, ma forse più quelle statunitensi, giocano a parlare ma nel sottobosco diplomatico stanno ben attenti a ristabilire i mezzi per evitare giudizi errati.

E questo perché, indubbiamente, l’America ha compreso che la Cina non è la Russia e che il suo approccio ai problemi è fondamentalmente molto diverso da quello di Cremlino.

La Cina risolve problemi alla radice

Rispetto alla Russia, che si muove con parsimonia e se accusata risponde punto su punto in maniera politica, la Cina dimostra attraverso il suo leader un atteggiamento quasi serafico quanto fermo a non lasciare spazio a interpretazioni.

La situazione di Hong Kong ha dimostrato al mondo che la Cina è in grado di concludere un problema semplicemente “diluendo” il suo gran numero di cittadini in modo tale da sovvertire qualsiasi sistema, nel quale poi inietta capitali e ne raggiunge l’apice senza nemmeno spingere più di tanto

Usa non escono vincitori dal confronto, come accade di solito

«Abbiamo preso il sacro impegno di difendere Taiwan, proprio come difenderemmo tutti i nostri maggiori alleati». Questo è il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden nel corso di una diretta sulla Cnn, tanto per far capire che comunque la presenza americana, sebbene tiratasi indietro quasi come una fuga dall’Afghanistan, è ancora forte e operativa.

Purtroppo, i vecchi schemi di confronto, come accadeva con i “vecchi nemici” russi, ora non valgono più e la risposta pronta di Pechino è stata devastante: la riunificazione della Cina è inevitabile!

Nella “telefonata virtuale”, le risposte di Xi ai dubbi sollevati da Biden erano talmente semplici da risultare disarmanti e di solito gli Usa sono abituati ad essere protagonisti. Biden, suo malgrado, è un presidente entrante con non poche polemiche e soprattutto è il Presidente di una America fallita sotto tanti punti di vista e soprattutto a rischio sul profilo della propria conclamata credibilità. Per certi versi anche quelli più ostili a Trump ultimamente lo hanno rimpianto e questo perché in fondo, proprio in questo momento così difficile, al comando sarebbe stato meglio avere una persona professionista nel campo imprenditoriale, piuttosto di un politico che ha fatto una carriera politica.

Cina e Stati Uniti d’America: chi è più sincero?

La bandiera a stelle e strisce, simbolo del capitalismo che ammicca alla democrazia in realtà nasconde un lato oscuro dove chi è senza lavoro e soldi non può sperare in un sistema di ammortizzamento sociale tale da garantirgli una sicurezza ragionevole. Questo andamento, nel tempo, ha dimostrato sia il fondamento di una grande civiltà sia un suo declino progressivo per via del non aver fatto nulla per rinnovarsi.

Dall’altra parte invece la Cina, arricchita con la formula del tanti al lavoro su un progetto di qualcun altro perché in fondo, lì non c’è un sindacato, non ci sono regole certe per uno stipendio decoroso e non ci sono pertanto tutele reali, in una sola parola: comunismo feroce.

E’ chiaro che il confronto si può fare subito: per esempio, sulla base di un appalto dove bisogna costruire un palazzo, sarebbe impensabile per noi avere cento operai su uno stabile di 5 piani e costruirlo in una settimana e questo per tanti motivi, come gli stipendi, le normative, i prezzi delle materie prime. Questa cosa però non accade in quel Paese e se questa modalità la applichiamo a tutto il resto, non serve fare conti incredibili per capire che il paragone non ci vede sconfitti ma bensì il paragone non lo si può proprio fare.

Il dunque di tali dati ci porta a fare un passo indietro per comprendere cosa sia accaduto ed eventualmente a chi addossare la colpa, che manco a dirlo, è tutta proprio degli americani che in passato hanno scoperto, attraverso le loro grandi aziende, come delegare all’esterno la manovalanza risultasse molto più semplice ed economicamente ultra superiore rispetto al possedere e sviluppare i propri prodotti in casa.

E da quel momento che la Cina ha fondato la propria ricchezza nel costruire e vendere per conto di e, trasversalmente, all’export dei propri prodotti che altro non erano che copie mal fatte di quello che già esiste ma che essendo meno caro, di tanto, risulta più appetibile dal consumatore.

Ca va sans dire: quando strategicamente il tuo PIL è quasi al 100% sull’export, puoi permetterti di essere comunista, e capitalista allo stesso tempo perché manchi di diritti verso i tuoi stessi lavoratori, che contribuiscono comunque a farti diventare più ricco. Non a caso, nel 2021, abbiamo preso atto di un paradosso dove la nazione praticamente più ricca e potente del mondo ha in seno una vasta, vastissima area considerata terzo mondo.

Ed anche qui l’America che di mestiere fa l’esportatrice di democrazia, ha chiuso tutti e due gli occhi su quello che il regime cinese ha per esempio inflitto agli iuguri, dove persino i satelliti dimostravano i campi di concentramento.

Nefandezze di ogni genere, come il prendere il Dalai Lama e gettarlo all’esilio, fuori dal Tibet per poi invitarlo alla Casa Bianca e farlo uscire sul retro, tra i bidoni dell’immondizia, perché l’ira cinese non si abbattesse su Washington.

E adesso che l’America si è svegliata, si rende conto che le aziende dipendono dalla Cina esattamente come tossici con il proprio spacciatore e la penuria di chip per la quale Apple ha avvertito che non costruirà almeno dieci milioni di telefoni è il sintomo di un atteggiamento borioso nel quale si credeva, allora, che comunque l’America avrebbe deciso su tutto e su tutti a prescindere.

Ora però che l’America ha capito che si sbagliava ormai è troppo tardi e la Cina avverte: se volete (perché dovete) fare affari con noi, state lontani da Taiwan.

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